Nel 2007 avevo 23 anni e abitavo a Parigi nel mio adorato studio di 13 metri quadrati in Rue Jean Pierre Timbaud. Guadagnavo milleduecento euro al mese e lo studio me ne costava settecento ma aveva una vista sui tetti incredibile.
Dopo la laurea triennale in Scienze Politiche, un amico di famiglia mi offrì la possibilità di andare a lavorare in Francia, d’altronde parlavo 3 lingue.
L'Inglese, grazie a diverse Vacanze Studio "In Famiglia" in Inghilterra e Irlanda ma soprattutto grazie al quarto anno di Liceo come Exchange Student negli Stati Uniti, lo Spagnolo grazie a l'Erasmus e madrelingua italiana.
Presi quell'opportunità al volo, mal che vada avrei imparato anche il francese.
Fu qui che iniziai a capire che non avrei passato tutta la vita a non amare il mio lavoro. Guardando il grigiume della Banlieu scorrere (sempre identico) fuori dal finestrino del treno per raggiungere l'ufficio.
Dall'amico di famiglia a brokerare glicerina durai sei mesi, ringraziai sinceramente per l'opportunità e poi conobbi Camille, un amico di un'amica che lavorava per una guida di viaggi francese. Una specie di Lonely Planet, per intenderci.
Camille mi procurò un colloquio e per i successivi cinque anni lavorai per loro come commerciale.
Facevo spesso avanti indietro tra Parigi e Roma (dove avevo la maggior parte dei clienti) e fu così che nel 2010 mi trasferì nella Capitale.
Scappare da Genova, mia città di origine, per me era sempre stato un modo per fuggire da un passato che mi faceva molto male e da una situazione a casa che per anni è stata parecchio complessa.
Ma per passare Natale con Papà, Nonna e i miei fratelli, alla fine non mancavo mai.
La Vigilia di Natale 2012 uscì con gli amici di sempre per farci gli auguri.
Il centro storico di Genova scoppiava di gente, quando mi resi conto che c'era uno che mi fissava. Fermo immobile tra la folla aveva occhi solo per me. Nell'imbarazzo più totale sgattaiolai via ma ormai, era colpo di fulmine.
Sei mesi dopo io e Fede stavamo partendo insieme per Bali perché "al Warung di MamaLuna ti ci devo assolutamente portare!"
Un Ariete iperattivo come lui si fece contagiare dalla Warunghite solo per poco e dopo una prima settimana di relax partimmo in sella a un motorino per girare l'isola in lungo e in largo.
E fu così che, in una piccola bottega nel cuore di Bali, ebbi il secondo colpo di fulmine nel giro di un anno.
Una seta così morbida e impalpabile non l'avevo mai toccata e dei colori così belli non li avevo mai visti.
Quei Sarong* erano talmente belli...
*I Sarong sono i tessuti che i balinesi (sia donne sia uomini) indossano durante le cerimonie religiose ma anche nel quotidiano, hanno la dimensione di un pareo per intenderci, e possono essere di diversi tessuti, qualità etc etc.
che era impossibile sceglierne uno solo.
La proprietaria del negozio, mi raccontò che quei Sarong in seta erano stati dipinti tutti a mano con la tecnica Batik tradizionale indonesiana.
Dissi a Fede di mettersi pure comodo e lo informai che avevo intenzione di comprarli tutti, lui rispose che si sarebbe occupato della trattativa.
Cosa me ne facevo di tutta quella seta?
Non lo sapevo. Sapevo solo che non potevo lasciarla lì.
Tornammo al Warung e mostrai il mio bottino a MamaLuna che la Seta Batik la conosceva bene.
Mi disse che avevo fatto benissimo a comprarla, che poteva aiutarmi a realizzare degli abiti e che in Italia li avrei venduti in cinque minuti.
Una settimana dopo i miei primi 30 abiti erano pronti.
Fede mi fece delle foto amatoriali giù in spiaggia e il giorno dopo tornammo alle nostre vite, lui a Genova e io a Roma.
Riposi gli abiti in un cassetto e per i successivi mesi mi concentrai sul mio lavoro di sempre. Il maledetto budget 2014 da raggiungere pendeva sulla mia testa come la spada di damocle.
Il mio "contratto" con l'azienda francese faceva acqua da tutte le parti. Per fartela breve ero "a partita iva » e mi pagavano solo a provvigione, senza uno straccio ne di fisso ne di rimborso spese. Ebbene si. Sfruttata alla grande. Ma la Libertà di gestire il mio tempo per me era più importante anche se per arrivare a guadagnare uno stipendio decente era durissima.
Finché un giorno letteralmente sbroccai.
Alzai il telefono e dissi al mio capo che il budget se lo poteva raggiungere da solo.
Un minuto dopo mi chiamò il nuovo commerciale per chiedermi tutti i sudatissimi contatti dei miei clienti, che non gli cedetti nemmeno
« sotto tortura ».
Anyway…ero stata rimpiazzata nel giro di due secondi netti.
Successe tutto così in fretta che non mi resi subito conto delle conseguenze.
Ironia della sorte era il 1° maggio 2014, festa dei lavoratori, e io ero appena diventata una disoccupata senza nemmeno la disoccupazione!
Scrissi una lettera alla mia coinquilina per dirle che avrei lasciato la stanza e che me ne sarei tornata a Genova con la coda tra le gambe.
Fede corse a prendermi con la sua Toyota Auris che riempimmo con tutte le mie cose.
Cinque ore di autostrada dopo eravamo conviventi nella sua casina in affitto sulle alture di Genova. Nello stesso quartiere in cui ero nata e cresciuta, quello stesso quartiere in cui, nel 1989, mia madre era mancata e dal quale ero sempre scappata. Ma che insieme a lui pensavo mi avrebbe fatto un po' meno paura.
Una storia a lieto fine?
Non esattamente.
Te la racconterò nel Capitolo 3
dal titolo "3...2...1 depressione!"
esatto è da non credere!