Capitolo 4 - L'ape a pois e gli anni di Villa Camboja

Capitolo 4 - L'ape a pois e gli anni di Villa Camboja

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Aprile 2015
Or dunque avevo un'ape a pois parcheggiata sotto casa,
ebbene si...l'avevo comprata davvero!

Avevo anche una partita iva, una licenza come ambulante itinerante, ma...
né lo straccio di un garage o magazzino, né molti contatti per partecipare agli eventi e nemmeno la libertà di potermi piazzare dove volevo. Eeeeeh no Houston! Non ti puoi piazzare a vendere dove ti pare quando ti pare! Magari! 
Il commercio ambulante è assolutamente regolamentato, e anche severamente.

Tralasciando i deliri burocratici che mi affliggevano  non ti nego che, economicamente parlando, la prima stagione fu un mezzo disastro. Il mio problema più grande era avere una continuità, ovvero poter "tirare sù la saracinesca" con costanza causa regolamento severissimo.

Se ci metti di mezzo anche, pioggia,vento e compagnia. La questione era davvero complicata, all'inizio.

Tuttavia, quei primi eventi del 2015 (o meglio, quei pochi eventi che Genova offriva), perché certo Houston! Pensi di poter fare trasferte fuori città con un'ape del ‘91?
Tu l'hai mai vista un'ape in autostrada? Dai!

Ergo, quella misera decina di eventi dell'estate 2015 furono comunque un trampolino di lancio in termini di notorietà. 

L'ape a pois attirò subito l'attenzione dei quotidiani locali che mi dedicarono diversi articoli.

Instagram stava prendendo piede e farsi notare anche lì era molto più semplice di oggi. Così iniziai ad attirare un gruzzoletto di fan in breve tempo. 

Ma focalizza la scena: una "bancarella" che sbam...piena di pregiata Seta Batik!
Il cui valore era ben maggiore di ciò che le persone si aspettavano di trovare per strada ecco. 
La maggior parte della gente all'inizio sembrava disorientata e nonostante mi sgolassi per raccontare la complessa tecnica con cui erano stati realizzati o il tempo e i soldi investiti, la sciura che pretendeva il 3x2 non mancava mai. Ah peró il portafoglio griffato che mi roteava davanti al naso pretendendo lo sconto, quello si, l’aveva strapagato. Che nervosooo!

Me lo meritavo? Secondo me no, ma che scuola la strada aaah che grande scuola!

A suon di spiegoni e grande pazienza, altrettante clienti iniziarono a capire che quella “bancarella” era speciale. 

Ma dovevo assolutamente allargare il mio parco prodotti.
Dovevo tornare a Bali e fare ricerca. 
Scrissi un'email a Mama Luna per raccontarle la mia Slow Shopping Experience
Ne rimase entusiasta.
A novembre 2015 partì per la mia terza volta a Bali.

Durante i miei viaggi di ricerca non ho mai alloggiato in Hotel. 
Mama Luna mi propose una stanza in affitto a Villa Camboja, la sua casa di Kerobokan che condivideva con la sua socia Mary, sua figlia Luna, il compagno Gaston e i nipotini che poi arrivarono.

Diventarono e sono tutt'oggi la mia famiglia a Bali.
Con loro ero al sicuro anche quando eruttò il Vulcano Agung e rimasi stuck in Bali a tempo indeterminato (nell'attesa che riaprisse l'aeroporto) o quando persi la carta di credito e rimasi letteralmente senza un soldo per mangiare! Aaah che grande scuola anche quella! 

Ma torniamo a noi, durante i miei viaggi di ricerca, uscivo la mattina alle 6 per arrivare prima all'apertura dei mercati e dei laboratori, passavo l'intera giornata a sfidare quel caldo umido insopportabile impregnato di smog (che solo chi è stato in Asia riesce a comprendere), e rientravo la sera con nuovi contatti di fornitori, produttori e nuove meraviglie scovate a suon di chilometri in motorino nella giungla del traffico indonesiano, il più delle volte bagnata fradicia dai monsoni.

La sera condividevo le mie scoperte con la Family, cenavamo insieme, uscivamo, il week end ci trasferivamo al Warung per ritrovare un po' d'aria pulita, e più bella cosa, condividevamo la grande passione per l'artigianato scambiandoci una le scoperte dell'altra. Fu durante quei tour de force che inziai a indossare la magica viscosa balinese e a diventarne dipendente. Era oggettivamente l'unico tessuto indossabile con quel caldo umido mostruoso. Mama Luna mi regalò un abito e letteralmente non me lo tolsi più. 

Villa Camboja era un continuo via vai di gente. Dagli amici appena arrivati da ospitare sul divano, a una miriade di ometti indonesiani che arrivavano di continuo con pacchi e pacchetti contenenti campioni di stoffe, di ricami, di modelli ideati da MamaLuna, finalmente pronti per il suo quality check e quello ancor più severo di Miss Mary. 

Due donne con una passione così grande per il proprio lavoro non le avevo mai incontrate. Poterle osservare per me era un grande privilegio e oggi realizzo che fu un’ottima scuola anche quella. 

E poi c'era Luna, la figlia con una sensibilità per i colori innata, conosceva il Pantone a memoria ed era l'addetta a trovare le combinazioni perfette.

Dopo anni trascorsi tra Bali (dove facevano produzione) e Tenerife dove, inizialmente, vendevano. Decisero, 20 anni fa, di rimanere sull’Isola degli Dei per creare la propria collezione di tessuti.
Ero in casa di vere pioniere. Tra le prime a capire che la maestria degli artigiani indonesiani, le varie tecniche di tintura naturali e 100% artigianali potevano essere un connubio esplosivo adattate al gusto europeo.

Mama Luna creava, creava tutto il tempo e Miss Mary parlava, mammamia quanto parlava! In qualsiasi lingua, indonesiano compreso, sempre al telefono con clienti da tutto il mondo, con la sartoria, con lo spedizioniere e chi più ne ha più ne metta.

Insomma erano due anime apparentemente così lontane ma che insieme danzavano. La prima la creativa, la seconda l'operativa.

Dopo 20 anni di durissimo lavoro, di chilometri e chilometri avanti e indietro Bali-Tenerife-Factory si erano create il loro futuro da sole partendo letteralmente da zero. Due adorabili anime gipsy, sognatrici ma anche incredibilmente concrete.

Se penso a quante volte le ho viste tornare dalla Factory a orari improponibili o anche al contrario, scappare in Factory nel bel mezzo di una cena perché "oddio ho dimenticato di controllare quelle cuciture!"

E tornare in Factory voleva dire minimo un’ora di moto, nel traffico, il più delle volte sotto la pioggia e, nel caso di Mama Luna, a 70 anni compiuti, nel frattempo. Che mito! 
L’immagine più nitida che ho di lei é proprio in sella alla sua moto, appena rientrata da chissà quale avventura, con la cerata ancora sgocciolante adosso e cento borse a tracolla, una sull’altra, straripanti di tessuti.  

Si conobbero in Thailandia e si trovarono subito in sintonia. Miss Mary, originaria del milanese, ne era sempre voluta scappare. Trovó nel viaggio la sua medicina e in un Resort di un'isoletta thailandese il suo primo lavoro. Era la responsabile della boutique.

Non aveva ancora vent’anni, quando questa signora elegante sulla cinquantina, originaria di Stresa, arrivó al Resort dove lavorava. La notó subito e la volle conoscere. A quei tempi Mama Luna faceva avanti e indietro Asia-Tenerife per rientrare carica di conchiglie con cui creava collane da rivendere al mercatino.
Una vera Gipsy Queen. Ma i figli da crescere erano due ed era rimasta sola. Quello era solo uno dei millemila business che si era inventata nella sua vita.

Miss Mary le chiese di aiutarla a sistemare la boutique del Resort e la praticamente obbligó a venderle tutti i campioni che portava con se in valigia da Bali. Vendettero tutto in un nano secondo e l’anno dopo erano diventate socie. 

Mentre mi perdevo nei loro racconti, continuavo a sbavare a ogni nuovo campione che arrivava ma una mia produzione con i loro tessuti, all'inizio, non me la potevo permettere. Né avevo mai messo piede nella famosa Factory di cui sentivo sempre parlare e dove un giorno sognavo di poter entrare, ma evidentemente me lo dovevo meritare, la mia gavetta era appena iniziata.

Mama Luna mi portava nel suo magazzino delle meraviglie dove tenevano lo stock invenduto degli anni passati, abiti che per loro erano "vecchi" ma che per me erano figate assolute. Mai viste in Italia. 
Con loro ho iniziato a lavorare così. Comprando "sul pronto" dalle giacenze che mi potevano vendere a un prezzo migliore.

Nel mentre avevo scovato uno stuolo di “spacciatrici” di seta batik invidiabile, nuovi accessori dal rattan, alla paglia, alla pelle e nuovi fornitori da cui spiluccavo copricostumi e altro da vendere anche a prezzi più street senza però mai rinunciare alla qualità.

Le successive stagioni a bordo dell'ape iniziarono a prendere una buona piega. 
E l'ape a pois per molte genovesi divenne sinonimo di Estate.

Intrapresi, prima, una collaborazione con un ristorante che aveva un bellissimo giardino carrabile, che mi ospitava in settimana in cambio di pubblicità. Poi cambiò gestione e dovetti trovare un'alternativa.

Il week end, se c'erano, partecipavo agli eventi. 

Stipulai poi un contratto di accesso con un centro sportivo immerso nel verde che divenne praticamente la mia seconda casa. 
Il paradiso per le famiglie e per l'ape che, finalmente, poteva "tirar su la saracinesca" con più costanza.

Nel 2017 fondai una Rete d'Imprese insieme alle altre api Street Food genovesi e grazie alla forza del gruppo, riuscimmo a ottenere anche piazze prestigiose nel cuore della città per i nostri propri eventi. 

Insomma dal 2016 al 2019 la mia agenda di appuntamenti iniziò a scoppiare ed io diventavo sempre più magra. 

Andò a finire che in primavera/estate lavoravo 7 giorni su 7 orario continuato no matter quanti mila gradi facessero. Ma credevo talmente tanto in quello che stavo facendo che quasi non sentivo la stanchezza.

Combattere la Fast Fashion, promuovere l'artigianato e salvare altre donne come me dal caldo torrido con tessuti freschi e pazzeschi!

L'affetto delle prime fedelissime clienti diventò davvero la mia benzina!

E nonostante le millemila peripezie a bordo de l'ape a pois che un po' partiva e un po' no, un po' si scaricava la batteria, un pò partiva un fusibile, una candela, i freni, un pò si bucava una gomma... al grido di "Houston abbiamo un problema! " qualcuno in mio soccorso giungeva sempre, e l'ape a pois imperterrita, ogni volta ripartiva.

Da qui il perché vi chiamo Houston! 
Houston! E' colui/colei che sostiene l'ape a pois no matter what!

Nel mentre ogni inverno tornavo a Bali, finché un giorno Miss Mary mi propose di visitare il laboratorio dove stampavano i tessuti e la famosa Factory dove quattro dolci sarte cucivano con amore quegli abiti da sogno. Qui conobbi anche Mister Andy, un pozzo di scienza sia nel campo della sartoria sia delle tinture naturali. Il nostro Product Manager

Quando entrai non potei credere ai miei occhi. Uno sciame di ometti a torso nudo, che stampavano avanti e indietro lunghi tavoli di tessuti incredibili disegnati da Mama Luna o altri designer da tutto il mondo.

"Se lo mostro nelle mie storie di instagram capiranno una volta per tutte l'immenso lavoro che sta dietro questi tessuti " pensai. Cosa che, nonostante tutto, facevo fatica a spiegare a voce a distratti passanti.

Era giunto il momento di reinvestire ciò che negli ultimi anni avevo messo da parte, in una prima vera e propria produzione e di aprire il mio shop online. 

Perché no, l'obbiettivo non è mai stato fare l'ambulante per sempre.
Quelle vita e quei ritmi, alla lunga, non sarebbero stati sostenibili.
E l'avevo chiarissimo dal giorno uno.  

"L'ape sarà il mezzo per farmi conoscere ma un giorno avrò uno shop online per arrivare finalmente in tutta Italia", cosa che, a 30km l'ora non avrei certo potuto fare. 

Ma questa è un'altra storia che ti racconterò nel prossimo capitolo.

Adesso è il momento...

di presentarti la Nuova Capsule Timor
Perché nonostante l'improvvisa scomparsa di Mama Luna l'anno scorso, io Mary e Luna siamo ancora qua più motivate che mai. In primis per onorarla.

Ogni fine, anche se dolorosa, va vista come un nuovo inizio
Glielo dobbiamo.

Mama Luna era una grande viaggiatrice. 
Questa texture da lei disegnata ci racconterà del suo viaggio nelle isole più remote dell'Indonesia.
Isole in cui si creano i tessuti Ikat più pregiati al mondo. 
Timor è ispirata alla tradizione tessile di quei popoli, un motivo Ikat grintoso declinato in quattro modelli comodi e freschi per aiutarti a sopportare il caldo che arriverà.

Che mi dici... t'ispira?


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